giovedì 3 settembre 2015

Arrivo a Jakarta.

Si parte. Prenotiamo il parcheggio presso il Pesco Parking appena fuori dall'aeroporto Marco Polo di Venezia al costo di euro 58,00 per dodici giorni scoperto. In pochi minuti sbrighiamo le pratiche (pagamento posticipato) e arriviamo alle partenze. Viaggio con Alitalia fino ad Abu Dhabi (chiamata ironicamente dall'hostess "il sabbione") e successivamente Etihad Airlines fino a Jakarta. Entrambi molto confortevoli e a differenza di altre volte il cibo servito era pure commestibile. Arriviamo il giorno dopo (fuso orario +5 ore rispetto all'Italia) e subito cambiamo 30,00 euro in rupie indonesiane, il minimo indispensabile vista la non convenienza per la commissione applicata e appena usciti dall'aeroporto, districandosi tra tassisti abusivi e chi si offre di portarci la valigia, dritti a noi troviamo il tavolo di prenotazione della Blue Bird, la principale compagnia di taxi indonesiana. In questo caso, prenotando la corsa, come in Thailandia, hanno l'obbligo di accendere il tassametro quindi si evitano brutte sorprese. L'impatto con l'esterno è comunque agghiacciante. Un traffico, seppur sera tarda, allucinante con strade a 4/5 corsie con auto, taxi, scooter e camion che sorpassano ed usano il clacson a ripetizione (sarà una costante di tutta la vacanza).

Madu Inn,  Jl. Madu No. 36, Taman Sari, 11180 Giacarta
Arriviamo, con non poca difficoltà vista la posizione nascosta in una via laterale della strada principale, al nostro hotel Madu Inn. Costo 450.000,00 rupie (19,00 euro in totale per due notti con colazione compresa). Nel giro di alcuni minuti facciamo il check in con pagamento posticipato con carta di credito. Come sospettavo, l'interno, seppur carino ed adeguato alle nostre esigenze di una toccata e fuga, non corrisponde propriamente alle foto su Booking ma tutto viene messo in secondo piano ma dell'estrema gentilezza del personale. La colazione consiste nella scelta tra tre piatti tra cui due di riso (occhio agli spicchi di peperoncino) e una omelette con caffè (scordatevi l'espresso qui esiste il classico acqua calda e caffè mescolato dentro senza alcun filtro). Ed eccoci pronti per la giornata a Jakarta.
 
Una delle vie principali della città all'orario di punta.
Appena usciti dall'hotel veniamo colpiti dalla realtà del luogo. Un odore indescrivibile tra lo smog delle vetture, l'inquinamento del fiume affianco tra immondizia e chissà che altro e la polvere che si leva dalla strada. I marciapiedi se esistono sono divelti e quindi non resta che camminare al lato della strada stando attenti a non essere investiti. Giriamo un po' spaesati per non dire spaventati. Ma sarà tutto il giorno così? Anche peggio. Basta poco e subito ci siamo persi nella moltitudine di stradine che si incrociano. La gente sembra non fare caso a noi. Entriamo in un piccolo centro commerciale in cerca del wi-fi ma nulla da fare. Cerchiamo di metterci a nostro agio considerando che nessun volto che ci circonda è europeo. Ci rimettiamo in marcia e, non si sa in che mondo, raggiungiamo la prima tappa: Museum Bank Indonesia. Il museo è ospitato in un edificio storico nella città vecchia ed era in precedenza la prima sede della banca De Javasche, la banca centrale della Indie Orientali Olandesi. La banca successivamente è stata nazionalizzata in Bank Indonesia nel 1953, dopo che l'Indonesia ha ottenuto ufficialmente la sua indipendenza. All'interno non vi era anima viva. Si paga l'ingresso 10.000,00 rupie (0,80 euro). Dopo un giro in velocità, considerando il non particolare interesse per quello che c'era all'interno tra omini di cera che simulavano di lavorare in banca ed enormi stanzoni che facevano da caveau, riprendiamo il cammino direzione porto.

Case nella zona del porto.
Dopo svariati tentativi di omicidio da parte dei guidatori locali (perfino l'omino dei semafori per i pedoni corre illuminandosi) ed il perdersi che ormai era divenuta una costante, raggiungiamo l'agoniato porto. La sensazione del posto in cui eravamo era assurda: tra il trovarsi in una realtà di assoluta povertà, sporcizia e desolazione ed il pensare che, se ci avessero rapinato, non avremmo potuto stupirci di nulla. Diamo una rapida occhiata e poi (ingresso per 6.000,00 rupie cioè 0,40 euro) saliamo nell'ex faro utilizzato ora per vedere il panorama circostante dove finalmente un po' d'aria e una visione dell'intera città ci fa finalmente tirare il fiato. E' ora di fuggire da quella desolazione e prendiamo un tuk tuk per tornare in centro nella parte un po' più turistica. Ovviamente si contratta fino alla morte qualsiasi cosa ma è questione di pochi euro. Per fare alcuni chilometri il tempo è infinito. Il caldo del primo pomeriggio è soffocante ed il traffico non aiuta.
Interno della moschea parte maschile.

Monumento nazionale e sullo sfondo a sinistra la moschea.
Veniamo scaricati affianco alla Istiqlal Mosque, la più grande moschea del sud est asiatico. E' stata costruita per commemorare l'indipendenza indonesiana e aperta al pubblico il 22 febbraio 1978. Ingresso gratuito con obbligo di togliersi le scarpe prima di entrare. La pace che regna è surreale considerando il caos all'esterno. I fedeli, divisi tra maschi e femmine, non fanno volare una mosca. Ci sediamo curiosi di vedere e cercare di capire un momento di raccoglimento così solenne ma tutto ciò dura molto poco in quanto veniamo allontanati per avere i pantaloncini corti sopra il tappetto della preghiera. Poco importa usciamo direzione Monumen Nasional, un obelisco alto 132 metri costruito in memoria della resistenza e della lotta del popolo indonesiano dal colonialismo olandese. Veniamo avvicinati da un ragazzo che si propone di farci da guida per il resto della giornata ma ormai l'unico obbiettivo e sedersi a bere un caffè. Il parco, anche se non sembra, è immenso ed uscire non è facile. Ci dirigiamo verso gli enormi grattacieli che si intravedono tra le piante e finalmente iniziamo ad imbatterci in qualche viso europeo. Le persone ed il loro modo di vestire cambiano radicalmente. Tutti ben curati ed eleganti al punto che ci si sentiamo addirittura a disagio all'interno dei centri commerciali di svariati piani con tutti negozi mono marca. Ma ormai è ora di ritornare in hotel, stanchi e alquanto sporchi.

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